Omelie di don Marco
Archivio anno 2025
IV Domenica di Quaresima - 30 marzo 2025
Un Vangelo nel Vangelo
Un Vangelo nel Vangelo! Solo questa pagina meriterebbe la nascita della Chiesa, meriterebbe un cammino di conversione dei nostri rapporti, solo un Vangelo così meriterebbe la vita di tanti santi che hanno perdonato, accolto, amato senza misura, come il padre della parabola.
Non chiamiamola più 'Parabola del figlio prodigo' ma 'del Padre misericordioso': il vero protagonista!
C'è il solito pericolo accostandoci a questa Parola: la conosciamo troppo bene, dunque la sottovalutiamo, non ci mette in discussione, non ci stupisce più. Come una canzone che abbiamo ascoltato mille volte, come le lasagne della mamma già mangiate mille volte, come un amico sempre a disposizione: non li desideriamo più! Questo è il nostro dramma.
Allora leggiamola con calma, più volte, cerchiamo quell’espressione, quell’immagine, gustiamo quel sentimento!
Al centro il padre con la sua sofferenza vedendo che i 2 figli non andavano d’accordo e sentendo quella richiesta che è come una condanna a morte per il padre stesso: 'Padre dammi la parte di patrimonio che mi spetta'. Poi il nulla, non un saluto da parte del figlio, non un grazie. Mi immagino la partenza come una fuga, sbattendo la porta, come chi si licenzia dal lavoro perché si trova male, o chi esce di galera: tagliare i ponti col passato: 'Non ne voglio più sapere di te' pensa il figlio. Il vero prodigo non è il figlio che spende e spande, ma il padre: prodigo di amore, di festa, di voglia di incontrare e riabbracciare quel figlio anche se è lontano, col corpo e col cuore.
'Bisognava far festa e rallegrarsi', dice al figlio maggiore: è l’urgenza di chi non sta più nella pelle, la gioia di chi ha una bella notizia dentro, come di chi aspetta un figlio e non sta più nella pelle, o un nuovo amore si affaccia nella vita: non stai nella pelle e ti si legge in faccia che è entrato qualcosa di meraviglioso nella tua vita!
Il figlio minore lo conosciamo bene, forse perché ci assomiglia tanto: vuole fuggire, non gli sta più bene quella vita, cerca nuove esperienze: e fin qui tutto bene; ma la nota stonata è che non si sforza di conoscere il cuore del padre, lo giudica un padrone, non un padre. Errore di gioventù? Forse, ma soprattutto sete di amore che aveva a portata di mano e non se ne è accorto! Curioso che quando è in quel paese lontano e ha consumato tutti i soldi, voleva mangiare le carrube dei maiali ma 'nessuno gliene dava'. Non poteva prendersele lui e mangiarle? Non aveva tanto bisogno delle ghiande, ma di qualcuno che si prendesse cura di lui!
Anche il figlio maggiore ci assomiglia ogni volta che puntiamo i piedi, o mettiamo giù il muso: ogni volta che tiriamo su qualche muro verso un fratello: 'Adesso che questo tuo figlio è tornato...' Non lo chiama 'mio fratello' ma 'tuo figlio'. Era nella vigna non come figlio, ma come operaio; non lo considerava un padre, ma un padrone, pronto a controllare se l’altro lavorava più o meno di lui piuttosto che a spendersi come il padre e a volere il bene della vigna. Assomiglia tanto a noi quando siamo bravi a guardare se l’altro fa il suo dovere anziché imitare il vero padre, Dio che da la vita del Figlio per la sua Chiesa , per noi suoi figli! Troppo rivolti alla terra, a guardarci in cagnesco, anziché contemplare l’abbraccio del Padre.
Si è convertito il figlio minore? In quale punto della parabola si converte? Non sappiamo se si è convertito: senz’altro torna a casa perché aveva fame, non perché si è convertito. Forse lo farà dopo: dopo che cosa? Dopo l’abbraccio del Padre, dopo quell’anello al dito, dopo il vestito nuovo, dopo la festa del padre. Solo dopo l’incontro con la Sua Parola, dopo aver ricevuto l’abbraccio che non meritiamo, dopo le lacrime di gioia del padre possiamo iniziare a convertirci: la via è tracciata.
O Signore, Dio nuovo. Non smetteremo mai di contemplare il tuo cuore di Padre. Spesso cerchiamo nuove emozioni, nuovi incontri, nuove avventure per sentirci protagonisti e apprezzati, invece non ci accorgiamo che solo in questa vigna incontriamo il tuo abbraccio di Padre, il tuo sguardo, il tuo perdono; abbiamo bisogno di un cuore in festa perché ti abbiamo incontrato, perché nella vigna della Chiesa ci hai chiamato, perché è bello gioire per la tua presenza, perché solo con te possiamo vivere la vita come una vera festa!
III Domenica di Quaresima - 23 marzo 2025
Lascialo!
Chi è Dio? E’ un roveto ardente, un fuoco che brucia ma non consuma; è un fuoco d’amore per noi che non rinuncia mai e ci prova sempre, come il contadino del Vangelo che dice al padrone 'Aspettiamo ancora un anno, vediamo, magari porterà frutto'.
Nel cammino dell’Esodo, questo Dio rivela il suo nome: "Io sono colui che sono", che esiste, colui che guarda la sofferenza del popolo e si ferma, viene nel nostro deserto e ci libera come ha liberato il popolo schiavo. L’essenziale è che Mosè si tolga i sandali, cioè che si fermi in contemplazione, che ascolti, che capisca che c’è qualcosa di sacro da non calpestare, da rispettare e da custodire: c’è la vita umana, c’è questo mondo da proteggere, c’è la nostra coscienza, c’è la sua Parola da accogliere: TOGLI i sandali, fermati e cerca non di stare zitto ma di restare in silenzio: solo nel silenzio incontri questo Dio.
Sembra che il Vangelo parli proprio di questo tempo, della storia dei nostri giorni: ancora guerra, strage, violenza e morte, suicidi di ragazzi vittime di un mondo sommerso che gioca con la vita e la morte, come l’episodio in cui diversi giudei morirono sotto la torre di Siloe o quello in cui Pilato aveva ucciso i galilei che avevano fatto un sacrificio; troppo facile e scontato dare la colpa a Dio. Ci vuole sempre qualcuno con cui prendersela. Più difficile, ma più saggio, prenderci le nostre responsabilità per le guerre, le violenze, l'indifferenza che mettiamo nei nostri rapporti, per le nostre costruzioni fatte dove un torrente può ingrossarsi provocando alluvioni, o ai piedi di vulcani o case che crollano per una leggera scossa di terremoto.
La domanda vera allora è: ma io faccio tesoro delle lezioni della vita? Cerco di convertirmi o penso di essere migliore di altri e non meritarmi punizioni divine? Dio non punisce, ma ama: lui mi cerca per invitarmi finalmente a portare frutto, a non essere sterile come il fico, ma a vivere la Quaresima e ogni occasione della vita come l’inizio di un tempo nuovo per lasciarmi trasformare e incontrare da lui. Mi invita a prendermi cura del creato, a prendermi cura di qualcuno che incontro sul mio cammino, a non sciupare e consumare, a cambiare mentalità. Qui sta la vera saggezza: non quante cose fai nella vita, ma come le fai!
La vera saggezza è quella del contadino del Vangelo (che è Gesù) che vuole aspettare per farci portare frutto, per provarci ancora perché il vero paziente è Dio; paziente perchè sa attendere, ma paziente anche perché è ammalato, sì, ammalato di amore per noi, perché sa che possiamo portare frutto e abbiamo bisogno di un po' di fiducia, di incoraggiamento, di qualcuno che ci dica: 'Ce la puoi fare, fidati: rialzati!'
La pazienza non è debolezza, ma l'arte di vivere l'incompiuto in noi e negli altri. Non ha in mano la scure, ma l'umile zappa. Per aiutarti ad andare oltre la corteccia, oltre il ruvido dell'argilla di cui sei fatto, cercare più in profondità, nella cella segreta del cuore, e vedrai, troverai frutto; Dio ha acceso una lucerna, vi ha seminato una manciata di luce. (Ermes Ronchi).
O Dio contadino saggio e paziente: sei tu il vero frutto dolce sull’albero della croce, frutto che ci nutre per il nostro cammino. Abbiamo bisogno della tua pazienza, del tuo dono, abbiamo bisogno di portare frutti di conversione e di bellezza per trasformare questo mondo e farlo diventare a tua immagine e somiglianza. Troppe volte abbiamo portato frutti marci, acerbi, frutti di morte non di vita: solo guardando a te e fidandoci della tua Parola possiamo ripartire e riaccendere la speranza in noi e nel cuore di chi è lontano da te.
II Domenica di Quaresima - 16 marzo 2025
Caccia al tesoro!
Troppo bello per essere vero, avranno pensato i 3, Pietro Giacomo e Giovanni; troppo bello! Restiamo qui, piantiamo la tenda, non roviniamo questo clima! Sul monte, solo noi con te Gesù, Mosè, Elia: non ci manca niente.
Mi viene in mente quando da bambino ci incontravamo a giocare d’estate con i miei amici nel giardino comunale: conoscevamo a memoria tutti gli alberi, i cespugli dove nascondersi meglio, i fiori, dove c’era l’erba più alta, il muschio per il presepe, le viole da portare a casa alla mamma, i rami adatti per costruire archi e frecce, le piante di nocciole e di prugne; e quell’angolo solo nostro, nascosto, protetto dove sognare di stare insieme, mangiare li, dormire li, essere uniti.
‘Facciamo 3 tende, non andiamo via’ dicono i 3. Giochiamo qui non andiamo via, dicevamo noi bambini!
Custodiamo nel cuore gli istanti, i frammenti, le immagini in cui abbiamo pensato questo e lo abbiamo detto a qualcuno: i primi amici, la prima cotta, il primo bacio, il primo sguardo che ci ha toccato il cuore, la prima preghiera giunta al cuore di Dio, le prime lacrime non perché eravamo caduti in bici, ma per una delusione profonda, le prime delusioni come quelle risate tra amici in una notte d’estate!
E’ la bellezza che Dio ha seminato nel mondo: la bellezza, la luce della trasfigurazione, il sorriso di Dio sull’umanità; qual è il lavoro principale di questo Dio? Farci giocare alla caccia al tesoro: farci trovare e scovare nel mondo i segni della sua bellezza! Li ha nascosti ovunque, in un sorriso, un abbraccio, una parola di conforto, in una carezza, in un 'sì', in un tramonto ad alta quota, in un bambino che nasce o un vecchio che ha bisogno di te, in chi lavora per salvare una vita, in chi soccorre e si prende cura di una sorella o fratello in difficoltà. Dio è il seminatore della sua bellezza nel mondo, quella bellezza che i 3 hanno visto e contemplato.
E il seminatore di bellezza li invita a scendere poi dal monte col volto trasfigurato per raccontare, portare a tutti la sua bellezza, a togliere il velo che impedisce di vederla, a innamorarci di chi incontriamo sulla nostra strada per dire a tutti che Dio è innamorato di loro. Per trasformare il male in bene, la bruttezza in bellezza, il buio in luce, la solitudine in intimità, il dolore in gioia: difficile e arduo pensando a questo mondo cosi sporco, come dicono molti! Ma affascinante molto più che stare a crogiolarci con i 3 o 4 amici che la pensano come te e che non ti mettono in crisi e che ti daranno sempre ragione. La bellezza richiede fatica, tagliare qualcosa, come il chicco di grano che marcisce per portare frutto, come una mamma che fatica per 9 mesi per dare alla luce suo figlio.
Siamo anche noi tra le doglie del parto per creare un mondo nuovo, di pace di speranza dove quella bellezza risplenderà senza fine, per sempre.
Le gioie, gli amori, la festa che viviamo qui è anticipo e promessa della gioia vera che sarà solo in Dio, alla fine: tutto ci parla di quella bellezza che sarà piena solo in lui.
Ogni volta che insieme celebriamo l’Eucarestia, ogni volta che spezziamo il pane e la Parola, è come se andassimo sul monte della Trasfigurazione per contemplare il suo volto di luce: e proprio lo splendore di quel volto, di quell’incontro noi vogliamo raccontare a chi non ha ancora incontrato Gesù Signore.
O Signore innamorato di noi nonostante il nostro buio, la nostra poca fede e la nostra fragilità: quando capiremo e ci renderemo conto che solo tu sei veramente bellezza e che hai seminato nel mondo le cose belle che viviamo. Portaci su qualche Tabor, portaci in alto con te per gioire già adesso di tutto quello che ci hai donato e per sentire la gioia del tuo abbraccio: proprio quello vogliamo seminare a piene mani nel mondo.
VIII settimana del T.O. - 2 marzo 2025
Togli!
Dopo le forti Beatitudini e dopo il 'porgi l’altra guancia', Gesù ci invita a seguirlo ancora sulla strada della Palestina e della nostra vita. Oggi ci dona delle piccole perle, preziose come non mai, che ci illuminano e rendono preziosa la nostra vita: cerca la tua guida che non sia cieca ma che ci veda bene, che sia il vero maestro, liberati dalla trave per aiutare tuo fratello a togliere la pagliuzza, porta frutti buoni di accoglienza e di perdono, e infine tira fuori il bene dal tesoro del tuo cuore.
Perle da tenerci al collo e nella vita in mezzo a tanta mediocrità e consigli da 4 soldi.
Tutti crediamo di non aver bisogno di maestri né di guide; la frase celebre è: "Io sono padrone di me stesso, decido io della mia vita." Invece, anche inconsciamente, seguiamo sempre qualcuno, qualche pensiero, fosse solo la maggioranza.
Qualche 'influencer' ce l’ abbiamo dentro, respiriamo la sua aria, ci affascina perché è bello, attraente simpatico, circondato da tanti seguaci e ci vuole un vento contrario e forte perché ci ispiri come dobbiamo comportarci. Ci vuole coraggio e decisione per seguire il vero maestro che va controcorrente e ci propone le Beatitudini come stile di vita; ricordi? "Beati voi poveri, beati voi che avete fame, beati voi che piangete…"
L’altra perla è sulla ipocrisia: "Togli la trave!" E qui un bell’esame di coscienza è bene che ce lo facciamo tutti, io per primo. Prima di assumere responsabilità, togli. Noi pensiamo ad aumentare e aggiungere: titoli, studio, impegni da assumere, riunioni, programmi e lui ci dice di togliere. Non per fare di meno ma per essere meglio: il principale ruolo e compito che hai non è quello di metterti nel ruolo di genitore, di dirigente, insegnante, prete, educatore, ma è quello di togliere ciò che ancora non va. Togli come Gesù ha tolto i vestiti per lavare i piedi ai suoi, togli come Pietro ha tolto gli abiti da pescatore per diventare pescatore di uomini, come san Francesco ha tolto gli abiti lussuosi per rinunciare al padre e vivere in povertà, come san Giovanni Bosco ha tolto il ruolo di insegnante in collegio di ragazze di buona famiglia per cercare i suoi ragazzi poveri, senza famiglia, senza amici! Passo impegnativo, ma liberatorio.
E tu che cosa vuoi togliere in Quaresima? Quale trave da occhi e dal cuore? Togli parole superflue, pensieri lontani dal Vangelo. Togli spese inutili. Togli tempo perso. Togli i giudizi affrettati e ipocriti. Ma soprattutto aggiungi più Parola di Dio, più silenzio, più ascolto degli altri e di te stessa/o?
Infine il tesoro del cuore, il tesoro che c’è nel tuo cuore, il tesoro che è il tuo cuore: se c’è Dio nel tuo cuore sai tirar fuori il bene, ma se non c’è lui, dal tuo cuore escono le cose peggiori. Quando un ragazzo si innamora di una ragazza, è capace di tirar fuori il meglio da sé e da lei: così fa Dio con noi, è capace di tirar fuori il meglio, il bene, sempre.
Abbiamo un'arma forte e potente per tirar fuori sempre il meglio: l’incontro con la Parola, la preghiera, il silenzio per non essere ipocriti e per riconoscere di essere ciechi e aver bisogno della guida di Gesù.
Il Vescovo predicatore degli esercizi spirituali ci diceva che andando a visitare alcune famiglie in una parrocchia incontrò un pastore con il gregge di pecore che gli disse: "Benvenuto collega! Siamo entrambi pastori: io di pecore, lei di persone"; e aggiunse: "Pecorai si nasce, pastori si diventa". Figli si nasce, genitori si diventa; bambini si nasce, educatori si diventa! Abbiamo bisogno di seguire il nostro maestro per diventare pastori, guide, testimoni docili nelle sue mani, capaci di tirar fuori il meglio dal cuore nostro e di tante sorelle e fratelli.
Buon Pastore, che vedi la trave nel mio occhio e attendi che sia io ad accorgermene per toglierla e seguirti con decisione; abbiamo bisogno di te perché il nostro cuore porti frutti di pace, misericordia e perdono. La Quaresima sia il tempo dell’ascolto per rinunciare a seguire guide cieche e sceglierti ancora come vero Maestro.
VII settimana del T.O. - 23 febbraio 2025
Quale gratitudine?
Se cercassimo il buon senso nel Vangelo, oggi è proprio la domenica in cui non lo troveremmo di certo. Non c’è buon senso nell’amare i nemici, nel perdonare senza misura, nel porgere l’altra guancia: non esiste qui ma nemmeno in tutti i Vangeli il buon senso che invece a noi piace tanto.
Dopo le Beatitudini di domenica scorsa che già ci hanno fatto volare rivelandoci la nostra lontananza dal cuore del Vangelo, oggi Gesù rincara la dose: "ama, sii misericordioso, perdona"! Punto. Il resto è tutto di più, il resto ingombra, il resto puzza come una persona che ti sfianca con mille parole inutili quando ne bastano 3, come un pranzo con troppe portate che alla fine non ti fanno gustare le più prelibate, come noi quando annacquiamo il Vangelo, lo trasformiamo e la fede diventa roba da museo o da frati e suore, o da catechismo dei bambini o da vescovi e preti.
Dimenticando che il modello è uno solo: il resto è di più, il resto puzza, il resto sono le nostre parole e le nostre paure che ci fanno dire: "Ma no, dobbiamo capire bene, poi il mondo è cambiato, poi Lui Gesù riusciva, certo era Dio! Ma noi? Come facciamo? E’ impossibile con tutto quello che accade nel mondo! La Chiesa, il papa dovrebbe..."
Troppi luoghi comuni anche tra noi cristiani, troppe cose scontate, troppe chiusure, troppo "Non tocca a me", troppo io e niente "noi". Troppo la Chiesa è ridotta a un ente benefico, assistenziale invece di essere considerata la sentinella che annuncia il mattino e invita a stare svegli in attesa del regno di Dio.
Ecco questo siamo noi, sempre i soliti, un po’ monotoni, spenti, o bisognosi di essere ri-accesi!
Invece possiamo, eccome, possiamo riaccenderci e accendere, possiamo portare nel mondo ciò di cui c’è più bisogno cioè il suo amore, possiamo vivere da risorti già ora, possiamo amare soprattutto qualche nemico, possiamo ragionare secondo il Vangelo e non secondo i nostri calcoli, possiamo e molti lo fanno già; basta liberarsi dalle nostre idee e lasciare che sia la sua Parola a permeare le mie scelte, le mie idee, la mia vita.
Martin Luther King così scriveva: "Ai nostri più accaniti oppositori noi diciamo: Fateci quello che volete e noi vi ameremo ancora, metteteci in prigione e noi vi ameremo ancora, lanciate bombe sulle nostre case e minacciate i nostri bambini e noi vi ameremo ancora".
C'è bisogno oggi più di un secolo fa, più di ieri di credenti nuovi che non cercano e non guardano i famosi miracoli di Gesù, ma diventano miracolo per qualche sorella o fratello che si è perso, diventano seme per l'inizio di un bosco nuovo, diventano seminatori di speranza, diventano capaci di seminare la misericordia di Dio nel mondo; riescono a farlo perché hanno toccato con mano la misericordia di Dio, il suo perdono, sono stati perdonati e hanno capito che l’unica vera arma che abbiamo a disposizione è quella della misericordia senza limite, come quella di Gesù. Il resto sono le nostre paure!
Ogni conversione, ogni rinascita, ogni nostro cambiamento parte dall’incontro con questa misericordia di Dio, non parte dalle nostre belle idee e principi. Il figlio prodigo torna a casa perché ha fame, non si dice che si è convertito. Se si convertirà, lo farà solo dopo l’abbraccio del Padre.
O Dio grande nella misericordia e nel perdono, oggi siamo beati, felici solo se perdoniamo 'di cuore', solo se siamo misericordiosi, solo se abbiamo desiderio di perdonare con gioia chi ci ha fatto del male: allora inizierà il mondo nuovo, il regno che Gesù è venuto a inaugurare; lasciamoci toccare il cuore e la testa da questo Dio meraviglioso che è venuto solo per regalarci il suo perdono e ci dice che per essere felici, l’unica via è amare come ha fatto lui. Senza misura!
VI settimana del T.O. - 16 febbraio 2025
Cosa ti perdi…
"Non ci sono più i mafiosi di una volta…" Così si lamentano alcuni boss che dal carcere davano gli ordini ai ‘picciotti’ che vengono meno ai sacri patti della mafia e alla prima soffiata si consegnavano alla polizia facendo i nomi dei capi. A volte anche noi ci lamentiamo del passato e rimpiangiamo qualcosa che non c’è più.
Gesù invece no: lui rilancia e ci invita a essere felici, beati oggi adesso, non ieri o domani, adesso!
Gesù va al cuore dei problemi, al cuore della vita: sei felice? Quanto sei felice? Da cosa dipende la tua felicità? Quanta fatica, quanti sforzi per essere felici, per far felice la nostra famiglia, quante aspettative, quante delusioni se svaniscono i sogni di felicità.
Sono parole forti quelle di Gesù, decise, a tratti difficili da capire: eppure ci rischiarano, ci rasserenano perché ci augurano la felicità, la pace dentro.
Anche se quel "beati voi poveri", quel "beati voi che avete fame", quel "beati voi che piangete" non ci suonano bene, sembrano incomprensibili, lontani, assurdi: Dio vuole farci soffrire? Gode se abbiamo fame, se siamo tristi, disperati, se piangiamo?
Matteo propone 8 beatitudini mentre Luca solo 4, però aggiunge i famosi "guai a voi"! Un modo diverso per farci riflettere, per proporci la sua via verso la felicità, per farci capire quali sono le fondamenta per una casa solida, per farci capire qual è la sorgente della nostra felicità.
Innanzitutto "beati" non vuol dire uno che è sempre sorridente, un po’ perso, con la testa fra le nuvole, fuori dal mondo: questo è il modo comune di pensare alla parola "beati". In Luca e Matteo vuol dire "alzarsi, mettersi in cammino, avanti"; vuol dire affrontare la vita in vista di un’altra vita, vuol dire vivere nel modo giusto oggi, orientati verso qualcosa d’altro, vuol dire sentirsi più leggeri nella nostra vita quotidiana, occupati, non preoccupati. Vuol dire che le ansie, l'odio, la violenza del mondo, non ci toccano, non entrano nel nostro cuore, perché siamo protetti dallo scudo della Parola di Dio, dal suo sguardo di Padre, dal suo dono in croce per noi. Anzi, chi è beato trasforma l'odio, l'egoismo in pace, in amore.
Beati poveri, affamati, tristi? Dio è felice di vederci così? Nel medioevo si usava il cilicio per soffrire ancora di più pensando che le sofferenze inflitte al corpo fossero il metodo migliore per ottenere il perdono e la grazia di Dio. Certo non è più così. Perché allora questo linguaggio forte, controcorrente, incomprensibile?
Gesù dice che sono felici i poveri gli affamati, i tristi perché Lui si prende cura di loro, perché Dio ha un occhio di riguardo per chi soffre, perché nel loro vuoto del cuore Dio può entrare portando la sua pienezza; beati i poveri perché non fondano la loro vita sui beni, sulle ricchezze, sul possesso. E tra i poveri Dio preferisce quelli che decidono di essere poveri, di togliere, di perdere: perché c’è anche il povero che vive comunque con avidità, con superbia, con egoismo.
Allora beato chi si fa povero di beni, di desideri morbosi, povero di esagerazioni, povero di troppe parole, povero di mettersi in mostra, povero di aver sempre ragione, povero di falsità ed egoismo. Ecco: più ti vuoti di queste cose più lui ti riempie di sé, della sua gioia, della sua felicità. Fai come i fiori a primavera che si vestono di colori sgargianti e profumano per attirare gli insetti: vestiti di povertà e umiltà e Dio verrà a casa tua .
Guai a voi, dice 4 volte Luca; non è una minaccia, una accusa, un mettere in guardia ma come dire "peccato", "cosa ti perdi": è un rimpianto. Ti perdi qualcosa, ti perdi la felicità piena se ti attacchi troppo alle cose, alle persone, al tuo lavoro, ai beni, se ti attacchi troppo alle tue idee ai tuoi valori: ti perdi una felicità che solo Lui ti può donare, ti perdi la semplicità di saperti accontentare, la dolcezza di un abbraccio delicato, ti perdi il gusto di rallegrarti il cuore, non solo lo stomaco, ti perdi.
O Dio vero povero, che ti sei fatto povero per fare ricco me. Donami il coraggio di privarmi di qualcosa nel corpo e nello spirito per far spazio alla tua presenza ed essere beato qui su questa terra. Solo tu sai riempire il vuoto infinito che c'è in me, solo tu rischiari il mio buio, solo tu sei vita piena nel fetore della morte, solo tu mi sai donare oggi stesso i tesori del tuo amore.
V settimana del T.O. - 9 febbraio 2025
Quando le reti sono vuote
Dopo l’annuncio della venuta del regno, dopo il Battesimo al Giordano, oggi entrano in scena gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, quelli della Trasfigurazione. C'è un’altra trasfigurazione qui, un’altra luce che rischiara il buio del cuore. Entrano in scena durante il lavoro, nel momento più ovvio e normale, ma soprattutto dopo una notte di sudore, senza pesci, senza risultati, a mani vuote. Nessuno vuole le mani vuote, tutti cerchiamo i risultati, il prodotto, tutti desideriamo "portare a casa qualcosa" e se non ci riusciamo, andiamo in crisi. Ma proprio nel fallimento, quando tutto va storto, Gesù li cerca.
I 3 recuperano le reti col cuore triste: "Cosa darò da mangiare ai miei figli? E se anche domani non prendessi nulla? Mi sento un fallito."
Pietro ricorda benissimo questo incontro col maestro, il primo: ricorda gli sguardi, il primo stupore, ricorda quelle reti lasciate per trovare qualcosa d’altro: dobbiamo ritornare anche noi ai primi istanti, al primo bagliore di un incontro, di uno sguardo, al primo innamoramento, quando ci sembrava di volare. Pietro non dimentica, ci riporta all’inizio e ci invita a ricordare, cioè riportare nel cuore. Per vivere bene oggi, dobbiamo ritornare alle origini. Un rapporto in crisi, per migliorare deve ritornare agli albori, ai primi sogni e desideri.
Primo gesto: Gesù sale in barca e chiede di scostarsi da terra; lasciare la terra, lasciare sicurezze, abitudini, solite cose. Se ti allontani vedi le cose meglio, sei più sereno nel giudicare. Fin che sei nella nebbia non vedi chiaro: se ti innalzi qualche metro, c’è il sole! Pietro lo ospita nella barca, come noi lo ospitiamo nella vita: Dio a casa nostra, per fare di noi dei figli di Dio.
Secondo gesto: "prendi il largo". Prendi il largo Simone, per diventare pescatore di uomini devi prendere il largo. Per imparare a vivere devi prendere il largo, per fare il genitore, il figlio, il testimone, devi per prima cosa lasciare la terra e prendere il largo. E fidarti di una parola diversa, forte, nuova, inattesa: se vuoi rifiorire, portare frutti nuovi, se vuoi diventare pienamente te stesso, lascia le tue tranquillità e prendi il largo.
Terzo gesto: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte… ma sulla tua parola getterò le reti". Ad un certo punto della vita devi fidarti, devi partire, devi lasciarti andare: uscire da te stesso, partire, cercare. Diversamente le reti saranno sempre vuote e pescherai solo pesci anziché uomini: quante cose facciamo sulla sua parola e non sulla nostra? Quanto ci fidiamo, quante volte compiamo delle scelte contro la nostra testa ma solo fidandoci della Sua Parola? Siamo ancorati alla nostra riva tranquilla in attesa che qualche pesce ci passi sotto il naso oppure, come Pietro, ci fidiamo e prendiamo il largo?
Quarto gesto: lo stupore di Pietro è grande! Per le reti piene, certo, ma di più per quel Maestro che chiama, invita, cerca; un maestro strano, diverso, che affascina e scava dentro nel cuore come l’amo scava in bocca al pesce. Lo abbiamo perso lo stupore o come Pietro, come i bambini, siamo capaci di stupirci ancora, più di ieri? Stupirci per la bellezza che abbiamo sotto gli occhi, ogni istante, in ogni sguardo.
Quinto gesto: "…pescatore di uomini". Lui non ce la fa a lasciarti tranquillo nel tuo brodo, nelle tue acque stagnanti. Lui ti chiama al largo, dove l’acqua è limpida, dove il pesce abbonda: e poi ti invita ancora a pescare non più pesci ma anime, sorelle, amici, nemici, a toccare il cuore di chi si è perso, a riempire non più le reti ma la casa di Dio, il suo regno dove non ci sono più stranieri né ospiti ma solo suoi figli.
O Maestro nuovo, vieni sulla mia barca; se ci sei tu, tutto cambia. Non sempre le reti saranno piene ma il nostro cuore sì, sarà pieno di gioia perché mi insegni a gettare ancora le reti a prendere il largo, a fidarmi meno di me e più di te, a stupirmi ancora delle cose nuove che fai. E per invitarmi a diventare pescatore di uomini: il mestiere che solo tu conosci e che vuoi insegnare ad un pescatore fallito come me.
IV settimana del T.O. - 2 febbraio 2025
Presente!
Prevale questa festa sulla domenica come un bisogno, un desiderio di accogliere la luce di questo Dio bambino, nato nel solco della storia di un popolo ma per iniziare un cammino nuovo, una nuova famiglia dei figli di Dio.
Innanzitutto l’attesa di Simeone e Anna, 2 vecchi che nel tempio aspettavano la manifestazione del Messia: non sacerdoti e scribi, non le autorità religiose; sapevano che doveva arrivare il Messia, sapevano che sarebbe arrivato e dopo una vita lo accolgono tra le braccia e pregano: "Ora o Dio lasciaci morire in pace perché abbiamo visto la tua salvezza, abbiamo contemplato il figlio che tu ci hai donato. Noi siamo vecchi, ma siamo certi che tu non abbandoni il popolo ma ci riempi dei tuoi doni". C’è speranza nei loro occhi, c’è vita, non sono spenti, non attendono la morte ma la vita piena qui e nel regno di Dio.
Che cosa abbiamo visto noi? Che cosa attendiamo? Qual è la nostra speranza? Stiamo cercando qualcosa di nuovo o siamo tristi e depressi o perchè vorremmo qualcosa di nuovo che non arriva?
O forse non ci accorgiamo che questa novità e questa bellezza è già arrivata e noi non ce ne siamo accorti! Forse non ci rendiamo conto che il figlio di Dio è già tra le nostre mani, lo possiamo abbracciare. Abbiamo bisogno di uno sguardo nuovo, di parole nuove, di essere nuovi dentro per accogliere la novità della luce di Cristo.
Questa festa è chiamata anche festa delle luci, (candele: candelora): la luce vince le tenebre nonostante tutte le cose tristi che accadono nel mondo.
Maria e Giuseppe portano Gesù al tempio per ringraziare Dio del dono di un figlio, per purificazione rituale e per offrire un dono: tutta la tradizione viene rispettata anche se Gesù non è solo il bambino presentato dai genitori ma sarà lui a diventare il tempio da adorare per incontrare Dio vivo per noi. Tutto come prima ma tutto nuovo: abbiamo un Dio bellezza sempre antica e sempre nuova che squarcia i cieli, ci dona suo figlio luce delle genti.
"E' qui per la resurrezione di molti in Israele": non è qui per condannare ma per farti risorgere, è qui per perdonare i tuoi peccati, tutti, è qui per donarsi non per prendere, è qui per te, come la mamma attende la nascita di suo figlio, come un ragazzo attende la sua ragazza all’uscita di scuola, come attendi il sorriso di un amico che hai offeso e non ti guarda più, come attendi un nuovo lavoro e sei al lastrico, come attendi quell’esame in ospedale sperando che "vada tutto bene": è lui che ci attende in ansia mentre noi gli giriamo le spalle!
Noi facciamo fatica a cogliere tutta la novità di questo messia venuto non a vendicare tutti i peccati commessi ma a proclamare un tempo nuovo, una storia nuova, un perdono nuovo: non più Dio nella liturgia del tempio dove sacerdoti e dottori della legge celebravano un culto astratto ma Dio con noi , Dio nel mondo, Dio luce per ogni buio, Dio bambino da farsi mangiare, a disposizione della nostra fame.
Ma Simeone profetizza la spada che trafiggerà Maria quando vedrà il figlio in croce: anticipo di tutti i dolori dell’umanità provocati non da un Dio crudele ma da una umanità che non ha capito che la vita non è una corsa a ostacoli il cui obiettivo è superare gli avversari ma una festa perché siamo salvati da un Dio padre.
Poi il ritorno a casa, in famiglia perché li si vive, si litiga, ci si perdona, si impara ad amare: Dio ha mandato suo figlio in una famiglia per imparare a diventare Dio. Perché la famiglia è tempio, è sacra, è la scintilla dell’amore di Dio nel mondo.
O Dio presentato al tempio, cioè presente, presente quando c’è un dolore, un lutto, una catastrofe, quando il nostro cuore è pieno di angoscia e sanguinante, tu dalla croce ci salvi ancora, sei presente, non ti neghi, presente nella mangiatoia a Betlemme, nella sinagoga a proclamare un tempo di grazia, presente al tempio oggi, presente in fila con i peccatori, presente nell’ultima cena e per diventare vero pane, presente in croce; di fonte a tutte le nostre assenze, tu sei il presente oggi e sempre.
III settimana del T.O. - 26 gennaio 2025
Ricerche accurate
Domenica della Parola di Dio, quella che ascoltiamo spesso, che ci risuona dentro, che ci ridona speranza: meditiamola, accogliamola, e ci ricompenserà.
Al ritorno dall’esilio babilonese sembrava che tutto dovesse ricominciare: il tempio, la legge, il popolo in preghiera. Invece no. Allora il sacerdote Esdra convoca tutto il popolo, mette al centro la Torah, gli scribi la leggono e proclama: "Questo giorno è consacrato al Signore: non fate lutto e non piangete". Il popolo riparte dalla Parola al centro della vita.
Anche Luca nel Vangelo mette al centro la Parola ed esordisce dicendo di aver fatto "ricerche accurate" e di scriverne un "racconto ordinato": l’ha scritto per un certo Teofilo, amante di Dio; ha scritto per ogni amante di Dio, per noi ogni volta che siamo gli amanti di Dio e lo seguiamo. Non si accontenta di qualche notizia, qualche voce su Gesù ma si informa, cerca, ascolta, si da da fare: infatti anche noi quando conosciamo una persona ci informiamo, chiediamo chi è, da dove viene, cosa fa nella vita, chi frequenta.
Lunedì scorso era il giorno più triste dell’anno, indetto non so da chi! E’ triste che qualcuno dica: quel giorno è triste! Per il cristiano non esiste il giorno più triste: un giorno diventa triste quando noi lo rendiamo triste e non c’è un sorriso, una gioia. Quando non siamo gli amanti di Dio oggi.
Allora Luca scrive proprio per noi questo resoconto ordinato, per rendere felice ogni giorno, ogni momento!
Su cosa si fonda la mia fede? Sto cercando anch‘io il volto vero di Gesù, le sue parole nuove o faccio finta di niente, o mi accontento del minimo sindacale: se cerco un ristorante o un posto nuovo per la vacanza o un nuovo lavoro mi sbatto giorno e notte, cerco su Internet, chiedo ad amici, a qualcuno del mestiere. Ma per la mia fede, per la fede di mio figlio, per imparare a essere credente, per diventare "amante di Dio" che cosa faccio? Per non accontentarmi di quel libro, quel catechista , quel prete, quella parrocchia, quel gruppo: io cerco, io mi muovo, io parto, io mi innamoro?
Gesù entra come al solito di sabato nella sinagoga e legge Isaia: "Lo Spirito del Signore è su di me". Tutti lo osservano chissà con quali commenti e annuncia un tempo nuovo, uno stile nuovo, annuncia sempre il Dio del primo testamento ma con parole nuove. Annuncia un giubileo, il tempo della rinascita, del perdono ai peccatori, la liberta per i prigionieri, un anno di grazia.
Gesù è venuto per regalarci una occasione nuova, un perdono nuovo, è venuto per donare e donarsi non per prendere: questa è la bella notizia annunciata da Luca.
Ma al solito Gesù scompagina il rituale, infatti cambia la lettura del giorno e cerca un brano specifico di Isaia, quello che abbiamo letto in cui si annuncia il tempo della salvezza.
Poi fa un altro cambiamento: non legge un altro versetto di Isaia che di solito tutti leggevano: "un giorno di vendetta del Signore". Legge solo: "portare il lieto annuncio ai poveri, proclamare la liberazione ai prigionieri, ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi." Tutti nella sinagoga pensavano a un Messia venuto a vendicare il male e il peccato e a eliminare i peccatori, e invece questo Messia li perdona, li accoglie, li ama.
Inizia già qui Gesù a firmare la propria condanna; un Messia scomodo che avrà molti nemici soprattutto nella sinagoga, nel tempio, tra i maestri della legge.
Ma lui annuncia questa salvezza, questa nuova era, questa salvezza gratuita: Dio viene per renderti felice, per donarti il vino nuovo di Cana, per stare accanto ai peccatori e agli ultimi, per annunciare un tempo di grazia.
O Signore, Dio dell’oggi; tu non rimandi la nostra salvezza ma ce la doni sempre. Insegnaci a cercarti, a cercare il tuo volto, a credere che sei venuto per inaugurare un tempo nuovo, un mondo nuovo, una gioia grande, un perdono inatteso e insperato; il tempo in cui Dio si fa vicino, accanto, dentro la vita per far fiorire il nostro vecchio mondo e donarci la forza di vivere da figli della luce. La tua Parola sia all’inizio di ogni nostra decisione e cammino.
II settimana del T.O. - 19 gennaio 2025
Tregua!
Finalmente tregua a Gaza. Durerà? Sarà autentica o c’è sotto qualche solito interesse di parte? Convenienza o conversione? Strategie o opportunità? Intanto godiamoci gli abbracci di chi è tornato a casa e preghiamo perché sia l’inizio di un tempo nuovo.
Anche a Cana c’è una tregua: Dio ha deciso di sposare l’umanità, l’Eterno ha abbracciato il mortale, il cielo è sceso in terra. Per farci capire che non basta più l’acqua dei nostri bellissimi propositi e impegni, non bastano più le nostre belle iniziative di tregua: ci vuole la pace dentro nel cuore. E per far questo, Dio ci dona il vino nuovo, non un nuovo codice di leggi ma una nuova festa, una nuova gioia, una pace che nessun re o imperatore sa donare!
E’ finito il tempo in cui l’umanità deve accontentarsi dell’acqua della nostra natura fragile e scontata, è finito il tempo del minimo sindacale o del rimpianti dei tempi passati: lui fa cose nuove purché ci fidiamo e ci lasciamo guidare dallo Spirito; allora inizia il tempo del vino forte inebriante, deciso come l’amore e come una meravigliosa festa di nozze.
Nelle nostre feste, come nella vita, rischia di entrare la monotonia, la noia, il rischio del fallimento come in una amicizia un po’ logora, come in una comunità senza gioia, come in un matrimonio spento: solo il suo vino nuovo, la sua vita nuova ci permette di riprendere la festa come prima anzi meglio di prima.
Ti sei mai chiesto perché nel Vangelo il regno di Dio sia sempre paragonato a un banchetto, una festa di nozze, un matrimonio e mai a un funerale, un lamento funebre, un digiuno? Noi abbiamo fatto diventare la nostra fede come un funerale, ma in Dio non è così: lui ci vuole felici, pieni di gioia, ci vuole col sorriso in volto, ci vuole salvati. Il regno è una grande festa di nozze, non l’hai ancora capito? Lascia le tue festicciole private con l’acqua della nostra natura umana e chiedi a Gesù il vino nuovo delle nozze eterne.
Eppure serve anche l’acqua delle 6 giare: serve anche l’acqua della nostra natura; Dio ci chiede di mettere a disposizione tutta la nostra acqua cioè le nostre vite, le nostre mani, l’intelligenza, la nostra volontà, tutte le nostre risorse: il resto lo fa lui, alla grande. Come il ragazzo che ha messo a disposizione degli apostoli i pani e i pesci: lui ci ha messo tutto l’umano possibile, il resto lo ha fatto Dio. Mettiamoci tutto il nostro lavoro, il nostro impegno, i nostri desideri: poi Lui compie i suoi prodigi, o meglio, i segni come li chiama Giovanni.
Sei giare di pietra: 6, il numero della incompletezza, come il giorno in cui l’uomo è creato. Non 7 numero della completezza: solo Dio è completo, a noi manca lui, il suo vino, la sua gioia.
E’ la prima volta in cui Maria è presente nel vangelo di Giovanni: la seconda volta sarà sotto la croce. Allora questo brano è fondamentale, è l’inizio dei segni, è l’inizio di un tempo nuovo, l’inizio del vino nuovo della nuova alleanza sancita non con il sangue di un agnello, ma di Cristo vero agnello di Dio; il tempo non più dei dogmi stabiliti dai Comandamenti, ma della legge nuova delle Beatitudini; il tempo di una tregua foriera di pace.
O Maria, donna, discepola, serva: tu per prima ti sei accorta che era finito il vino come ti accorgi che a volte finisce la nostra gioia, la festa, quella vera. Continua a supplicare tuo figlio perché inizi per noi il tempo dei sorrisi, dei canti, delle danze, della tregua dal male e dal peccato. Abbiamo bisogno della tua supplica, abbiamo bisogno di quel vino nuovo, abbiamo bisogno di entrare nel settimo giorno, abbiamo bisogno di essere liberati dalla schiavitù del peccato per correre liberi verso altre sorelle e fratelli. Abbiamo bisogno di sentirci parte di un solo banchetto, un solo popolo, una sola famiglia al banchetto di nozze del tuo figlio con noi, umanità ferita ma redenta non dal vino di Cana ma dal sangue del figlio di Dio.
Battesimo del Signore - 12 gennaio 2025
Imbarazzante!
Già messo via presepe e albero? Anche i magi? E la cometa? Eh no, dovremmo tenerli fuori ancora. Almeno non dovremmo archiviare subito il Natale, ma ricordare e tener vivo lo stupore di Maria, la gioia dei pastori che annunciano, la luce della stella cometa, i magi così lontani e così vicini!
Gesù non archivia, ma mantiene vivo il ricordo, i gesti di Giuseppe e Maria: 30 anni (Chi lo sa se erano proprio 30) in famiglia non sono paglia. Avrà anche litigato con i genitori, avrà pianto, avrà fatto tutti i compiti? Ragazzo modello? Eppure continua ciò che ha imparato a Nazareth .
O meglio, lo Spirito Santo continua, gli parla, lo manda nel deserto in preghiera, in fila con i peccatori per annunciare loro un tempo nuovo, una vita nuova, un nuovo inizio, un GIUBILEO in cui Gesù stesso ci invita a giubilare e far festa perché Dio è dalla nostra parte, ci ama, si prende cura di noi, è venuto pe r noi, per dirci che Dio è Padre, non padrone.
Altro episodio imbarazzante per i primi cristiani, dopo quello dei pastori e dei magi: cosa ci fa il Messia, il Figlio di Dio in mezzo al peccato dell’uomo? Lui dovrebbe cancellare ogni peccato e premiare i buoni anziché correre dietro ai cattivi! Fin dall’inizio non è stato capito Gesù. Quanti 'dovrebbe dire, dovrebbe fare, dovrebbe andare' gli hanno detto allora e quanti ne diciamo noi oggi pretendendo di insegnare tutto agli altri tranne che a noi stessi. Ma scribi e farisei dovranno rassegnarsi perché di scandali di questo tipo ne darà altri il Signore.
Lui è venuto per essere pellegrino di speranza (tema del Giubileo) ed è ciò che vogliamo essere ogni giorno anche noi.
C'è una differenza fondamentale tra Giovanni Battista e Gesù, tra il battesimo di Giovanni e quello di Gesù: Giovanni chiede penitenza e conversione, Gesù non chiede niente. E’ lui il servo, è lui altare e vittima, è lui che sceglierà la croce, è lui che 'farà la Pasqua', ben consapevole che noi, come Pietro, rischiamo di non esserci nel momento decisivo. E’ lui che decide di essere fedele alla sua promessa, quella di salvare tutti e non perdere nessuno.
Ecco perché il primo gesto pubblico che Gesù compie è quello di essere in fila con i peccatori per annunciare loro la salvezza: seguiranno altri 'segni' di questo Dio uomo, nuovo Messia che annuncia ai popoli la misericordia del Padre.
E’ lo Spirito che parla e agisce con Gesù e agisce in noi per farci capire quanto Dio sia vicino a noi sempre, anche quando noi non siamo vicini a lui: il Battesimo di Giovanni è solo con acqua, quello di Gesù è in Spirito e fuoco. In Spirito perché impariamo ad ascoltarlo questo Spirito, soprattutto quando pensiamo di cavarcela da soli; nel fuoco perché ci infiammi dello stesso amore di Dio per gli uomini.
Infine la voce annuncia che Gesù è il figlio, l’amato in cui pone il compiacimento; siamo anche noi quei figli amati, non per i nostri meriti ma amati per essere accesi e accendere sorelle e fratelli che si sono spenti durante la vita.
Benvenuto Signore nel mondo a Natale, ma soprattutto in questa festa del tuo Battesimo; benvenuto, nato e rinato per mostrarci il volto di Dio. 'Consolate, consolate il mio popolo' dice Isaia nella prima lettura; lui è venuto a consolare. Chiediamo anche noi di consolare chi è lontano, solo, perso, chi, ammalato nel cuore, non riesce a vedere Dio sempre all’opera soprattutto dove c’è solo peccato e morte. Lui è sempre pronto a far rifiorire il nostro Battesimo e a insegnarci a seguire il soffio dello Spirito.